Specie migratorie e cambiamenti climatici

Il fenomeno migratorio delle specie animali interessa porzioni di territorio molto vaste e coinvolge anche le zone acquatiche e quelle aeree che sono situate lungo le “flyways” ovvero lungo le rotte migratorie. Le specie migrano attraversando spesso lunghissime distanze alla ricerca di condizioni di vita ambientali migliori e per questo il fenomeno biologico delle migrazioni rappresenta un aspetto di fondamentale importanza per l’equilibrio del nostro ecosistema. La migrazione per essere considerata tale deve avere sia il carattere della periodicità che quello della pendolarità; di solito gli uccelli sono la categoria animale che possiede il maggior numero di specie migranti ma anche i pesci marini, quelli di acqua dolce, i cetacei, i pipistrelli, molti invertebrati e le tartarughe marine hanno comportamenti di tipo migratorio. Nel 2015 con la realizzazione del progetto: “Verso una Strategia Nazionale per la Biodiversità: i contributi della Conservazione Ecoregionale” è stato messo a punto un documento che traccia le linee guida per la tutela e conservazione delle specie migratorie che attraversano il nostro Paese durante i loro viaggi. Le specie animali che migrano devono essere in grado di accumulare riserve di energia sufficienti fino alla meta finale, inoltre devono essere capaci di scegliere il periodo giusto per la partenza, devono orientarsi correttamente e valutare il momento giusto per fermarsi a fare una sosta.

Le rotte migratorie sono ricche di insidie e pericoli, sovente accade che molti individui muoiono per fame, stanchezza o perché vengono catturati dai predatori. Le migrazioni si verificano di solito stagionalmente quando le specie animali si spostano dai territori riproduttivi a quelli di svernamento, come accade ad esempio per gli uccelli. Per quanto riguarda invece le specie ittiche o le tartarughe marine, esse si spostano in base all’età: quando gli individui sono maturi migrano verso le zone di riproduzione dove avverrà la deposizione delle uova. Le flyways sono state selezionate accuratamente in migliaia di anni in base a variazioni climatiche, ambientali dipendenti dalle stagioni. Proprio per questo motivo i migratori rappresentano delle affidabili sentinelle in grado di rilevare eventuali variazioni delle condizioni dell’ambiente dovute all’impatto antropico. In uno studio intitolato: “Birds and Climate Change”  di Moller et al.  risalente al. 2006, si è scoperto che esiste una stretta relazione tra l’innalzamento della temperatura e il cambiamento delle abitudini migratorie delle specie appartenenti all’avifauna. Infatti sono state fatte due ipotesi sul modo in cui i cambiamenti globali del clima sulla Terra possano influenzare  le loro migrazioni: secondo la prima definita tub-hypothesis ci sarebbe un forte condizionamento della popolazione nel periodo non-riproduttivo in particolare delle specie nidicole che non riuscirebbero a superare la stagione invernale. La seconda ipotesi la tap-hypothesis considera invece cruciale la stagione riproduttiva durante la quale sarebbero le specie nidifughe ad essere maggiormente colpite e quindi si ridurrebbe il numero di nuovi individui per l’anno successivo. Le conseguenze dei cambiamenti climatici non incidono soltanto sullo spostamento degli areali dove sono presenti le specie o sull’anticipo o ritardo delle loro migrazioni, ma soprattutto sul delicato equilibrio esistente tra individui della stessa specie e tra quelli appartenenti a specie diverse. In questo modo sono a rischio le relazioni tra parassiti, prede e predatori. E’di primaria importanza la lotta contro queste devastanti conseguenze che se portate all’estremo provocherebbero danni rilevanti al pianeta e all’intera umanità.

Chiara Scamardella.

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