STOCK ITTICI A RISCHIO

La pesca è stata da sempre una delle attività umane che ha garantito alla nostra specie la sopravvivenza. Il mare con la sua complessità e bellezza non deve essere però considerato come una immensa miniera d’oro a cui attingere a piene mani senza limiti. Ormai è da decenni che si parla di economia sostenibile e di un più razionale utilizzo delle risorse naturali, per questo  nel 2002 durante il vertice mondiale di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile i paesi membri dell’Unione Europea hanno preso l’impegno di conservare o riportare gli stock ittici a livelli che permettano di avere il rendimento massimo sostenibile entro la fine di quest’anno. In pratica la strategia dell’UE ha come obiettivo principale il ristabilimento della redditività nel settore alieutico attraverso l’applicazione del rendimento massimo sostenibile. Agendo in questa direzione si limita la quantità massima di pesci che possono essere prelevati da uno stock per garantirne al meglio il potenziale riproduttivo e tutelare così anche le specie naturali. In effetti la pesca intensiva e non controllata ha come effetto la drastica diminuzione degli stock ittici e come inevitabile conseguenza le probabilità di cattura crollano perché il numero di individui delle specie marine è più ristretto.

Un pericoloso circolo vizioso che non danneggia solo l’ambiente ma anche l’attività di pesca. Secondo stime accurate del New Economics Foundation and Ocean 2012  negli ultimi anni il pesce europeo riesce a soddisfare solo poco più del 50% del fabbisogno annuo della popolazione e quindi la restante percentuale viene importata da paesi extraeuropei. Lenti segnali di una presa di coscienza effettiva stanno portando i vari paesi europei a scelte che diminuiscono la pressione alieutica sulle specie naturali. L’acquacoltura rappresenta una buona alternativa alla pesca in mare aperto ma non è ancora del tutto in grado di invertire la tendenza negativa dello sfruttamento insensato delle risorse marine.

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L’Europa ha delle acque molto produttive con un alto potenziale a sostegno di una fornitura stabile per la popolazione e per il mantenimento di posti di lavoro con tutti i benefici economici e commerciali che ne derivano. A questo punto solo la volontà politica dei governi potrà garantire il mantenimento e miglioramento di queste condizioni favorevoli programmando una gestione corretta e responsabile delle risorse ittiche. In Italia secondo Davide Barchi responsabile del servizio della regione Emilia-Romagna per lo sviluppo dell’economia ittica anche l’alto Adriatico risente della crisi mondiale degli stock ittici, inoltre a causa delle acque poco profonde del nostro mare vengono favorite situazioni ambientali avverse all’attività di pesca. Ad esempio i fenomeni di eutrofizzazione che si verificano soprattutto durante il periodo estivo portano ad episodi di ipossia e anossia delle acque che causano sofferenza e nei casi peggiori mortalità degli organismi viventi che le popolano. In sostanza bisognerebbe riorganizzare con maggiore efficacia le misure adottate in passato come il fermo biologico, la riduzione delle giornate di pesca, la localizzazione e l’allestimento di aree dedicate al ripopolamento a cui gli operatori del settore alieutico sono già abituati.

Chiara Scamardella.

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