CALAMARI E SEPPIE: SIMILI MA IN FONDO DIVERSI

Ad un occhio poco attento i calamari e le seppie sembrano quasi uguali ma in realtà questa apparente somiglianza non rende giustizia alla realtà. Questi meravigliosi organismi marini che appartengono alla classe dei cefalopodi presentano differenze sostanziali sia dal punto di vista anatomico che fisiologico; in particolare bisogna chiarire che le seppie appartengono ad un gruppo tassonomico che comprende anche calamari, polpi e nautilus, quindi i calamari non sono altro che un tipo particolare di seppie. I calamari fanno parte dell’ordine Teuthida, ve ne sono più di 300 specie che vivono esclusivamente in ambienti marini, prediligendo le zone pelagiche, lontane dalla costa. La maggior parte di essi ha una lunghezza corporea che si aggira attorno ai 60 centimetri ma esistono delle eccezioni, come quella dei calamari giganti che arrivano sino a 20 metri di lunghezza oppure quella della specie Loligo vulgaris con i suoi 30 centimetri che abita nelle acque del Mediterraneo! E’ nota la loro destrezza nel nuoto tanto che alcune specie talvolta riescono ad uscire dall’acqua e “volano” per brevi distanze. I calamari hanno una simmetria bilaterale con un corpo a forma di torpedo che nella parte terminale della coda presenta due piccole alette utilizzate sia per i movimenti di spinta propulsiva in acqua che per quelli legati al cambiamento di direzione. Sono dotati di un capo ben distinto dal resto del corpo, un mantello e dei tentacoli che si irradiano dalla testa, i tentacoli principali sono lunghi e in numero di due inoltre ve ne sono altri otto più corti suddivisi in coppie e posizionati attorno alla bocca. Gli organi più importanti sono racchiusi nel mantello e la parte inferiore del loro corpo è più leggera di quella superiore. I calamari presentano un mimetismo controllato dai cromatofori che sono localizzati sulla superficie della loro pelle, grazie a questi organi i cambiamenti di colore avvengono in base a quelli presenti nell’ecositema marino circostante. In questi organismi e non solo nelle seppie sono presenti delle sacche di inchiostro che se sollecitate al momento opportuno riescono a riescono a confondere i potenziali predatori dei calamari, riducendo la visibilità dell’ambiente acquoso circostante e permettendo la fuga di questi abili nuotatori.

Le seppie possiedono all’interno della cavità del mantello quello che viene comunemente detto: “osso di seppia” e che in realtà rappresenta un residuo ancestrale della conchiglia che caratterizza altre classi di molluschi. Esso è più grande di quello presente nei calamari ed essendo costituito da materiale poroso svolge una funzione rilevante nell’equilibrio idrostatico di questi organismi. Al contrario dei calamari le seppie di solito popolano i fondali marini in attesa delle loro prede, si possono ritrovare nel Mare del Nord come nel Mediterraneo, nell’Oceano Indiano, nel mar Rosso e nella zona meridionale dell’Australia, se consideriamo la specie più diffusa: Sepia apama. Le loro dimensioni possono variare dai 50 centimetri fino ad un metro e mezzo in lunghezza e spesso i loro due tentacoli maggiori si confondono con quelli più corti a causa della posizione retratta che assumono. Le prede di cui si cibano, prevalentemente granchi ed altri molluschi vengono catturate dapprima con il rapido movimento dei due tentacoli più lunghi e poi vengono immobilizzate grazie ad un liquido paralizzante emesso con la saliva. La vista è il senso attraverso cui le seppie si orientano meglio nell’ambiente circostante e le loro pupille hanno una caratteristica forma a doppia w che permette loro di vedere anche con gli occhi quasi del tutto socchiusi. Questa caratteristica li differenzia dagli altri cefalopodi come i polipi e i calamari. La forma del corpo delle seppie è appiattita, questo facilità la loro vita sul fondo ed inoltre esse si muovono grazie ad una frangia continua che corre per tutta la lunghezza esterna del mantello.

Chiara Scamardella.

Fonti articolo:

  • www.differencebetween.com › … › Animals
  • “The Living World of Molluscs” on http://www.molluscs.at by Robert Nordsieck.