Le ostriche produttrici di perle nell’era dell’inquinamento

Le perle sono state le prime gemme scoperte dall’uomo migliaia di anni fa, di unico hanno la caratteristica peculiare di essere esclusivamente di origine organica e vengono prodotte da una varietà di specie di bivalvi marini e molluschi di acqua dolce. Le perle sono molto rare e si formano per esempio quando l’ostrica avvolge particelle estranee con la madreperla, il materiale lucido e iridescente che ricopre la superficie interna della loro conchiglia. Le perle naturali solitamente sono piccole in dimensioni, di vari colori e dalle forme irregolari. Il considerevole valore economico delle perle ha scatenato in ogni parte del mondo la nascita di pescherie specializzate che vendono i molluschi che le producono, ma questo tipo di attività commerciale ha vita breve a causa di un eccessivo sfruttamento delle popolazioni naturali presenti nell’ambiente. Per questo motivo  già all’inizio del ventesimo secolo alcuni ricercatori giapponesi hanno cercato di mettere a punto dei metodi che permettessero la creazione di allevamenti per la produzione di perle controllata dall’uomo. Le perle ottenute in questo modo risultano essere più grandi ed hanno sia forme che colori differenti da quelle naturali. Negli ecosistemi marini le ostriche non producono soltanto le perle ma possono essere utilizzate come efficaci bioindicatori per monitorare l’inquinamento delle acque.

Ostrica

Una specie di ostrica Pinctada radiata è stata usata in uno studio del 1998 condotto da H. Al-Madfa et al. dei dipartimenti di chimica e di scienze marine dell’università del Qatar. L’obiettivo dello studio era quello di iniziare a sviluppare un programma regionale per controllare le concentrazioni di metalli nell’ecosistema marino del Golfo Persico. Gli esemplari di ostriche prelevati nelle zone del porto di Doha, nelle località di Ras Laffan e di Messaieed hanno mostrato una concentrazione elevata di cadmio causata dai dragaggi effettuati per l’ampliamento del  porto e del canale navigabile. Le concentrazioni di piombo più elevate circa 8.64 μg/g sono state rilevate nei tessuti molli degli individui della specie Pinctada radiata prelevati nell’area marina di Messaieed. Dai dati della ricerca è emerso che la concentrazione dei metalli nei tessuti delle ostriche varia in funzione dell’esposizione ai livelli dei metalli stessi e dipende anche dall’idrodinamica delle acque. Inoltre l’assorbimento di questa categoria di inquinanti può avvenire sia dal mezzo acquoso che dal sedimento. Nel 2003 un altro studio condotto da Dale Sarver, Neil Anthony Sims e Valerie Harmon in alcune zone tropicali e poco lontano dalle coste delle isole Hawaii ha confermato il ruolo delle ostriche come bioindicatori di metalli pesanti. Questi molluschi hanno infatti una capacità naturale di accumulare questi contaminanti nei loro tessuti, hanno una distribuzione ampia nell’area Indo-Pacifica e ciò li rende utili per un confronto dei dati più completo, infine sono una specie commerciale a causa della produzione di perle quindi i loro allevamenti vengono utilizzati anche per la ricerca scientifica.

Chiara Scamardella.

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