Trivelle? No, grazie

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L’imminente referendum contro la trivellazione indiscriminata delle nostre coste ci obbliga a fermarci per riflettere. Da quando è comparso sulla Terra l’uomo ha sempre cercato di sfruttarla per trarne i maggiori vantaggi: talvolta lo ha fatto rispettando le ricchissime risorse naturali che erano a  sua disposizione ma spesso ha pensato solo a prendere senza preoccuparsi delle conseguenze. La trivellazione rappresenta una delle tecniche più utilizzate dall’industria estrattiva per prelevare il famoso “oro nero” ed anche per accedere a giacimenti di gas sotterranei. Semplificando al massimo il principio che ne è alla base è quello di “rompere” la crosta terrestre e quella oceanica per poter estrarre petrolio e le altre fonti energetiche presenti . Ovviamente prima di effettuare una simile operazione bisogna analizzare la zona che si intende sfruttare e non solo: anche le aree circostanti vanno esaminate con la dovuta attenzione, per evitare interventi che provochino un effetto domino non previsto. Le coste attorno al nostro bel Paese sono ormai oggetto di interesse economico da parte di grandi multinazionali che vanno alla ricerca di quello stesso oro che nel XIX secolo faceva sognare i pistoleri e cercatori d’oro del West! Le trivelle però potrebbero danneggiare fortemente ed in modo irreparabile il nostro paesaggio costiero conosciuto in tutto il mondo per la sua bellezza ed unicità. Questo lo sanno bene gli americani che hanno visto già gli effetti delle trivelle in azione. Anche sefuel-27242864 le piattaforme petrolifere vengono realizzate offshore e quindi lontano dalla costa le conseguenze sull’ambiente marino possono essere davvero spaventose. Per esempio la zona che va dalla Florida fino al Maine e lungo il perimetro costiero che affaccia sul Pacifico è stata fortemente danneggiata da perdite di petrolio che hanno provocato la moria di tanti, troppi organismi animali e vegetali che popolavano quelle aree. Inoltre i danni si sono estesi all’attività turistica collegata e di conseguenza hanno provocato anche una significativa perdita economica per la popolazione locale occupata in quel settore lavorativo. Nel settembre del 2008 l’uragano Ike ha distrutto molte delle piattaforme localizzate nel Golfo del Messico con annesse strutture: il risultato ha visto mezzo milione di galloni di greggio riversato nelle acque. Gli abitanti della Florida stanno cercando di combattere contro le trivelle, per difendere non solo l’ambiente marino ma anche la loro economia quasi interamente basata sul turismo e si sono resi conto che neanche le nuove tecnologie messe in campo dall’industria petrolifera sono in grado di minimizzare efficacemente il rischio di una perdita accidentale di petrolio. Puntare sulle fonti rinnovabili di energia e concedere maggiori fondi per la ricerca e l’innovazione tecnologica, che porti la specie umana a pensare che forse un alternativa al dio-petrolio esiste sarebbe già un primo passo nella direzione giusta…

Chiara Scamardella

Fonti articolo:  

https://www.nrdc.org/oceans/offshore/…/offshore.p.

www.conserveturtles.org/pdf/…/DrillingOffFlorida