Pesca del Tonno e sostenibilità.

Il tema della sostenibilità della pesca, e non solo del tonno, è al giorno d’oggi di stringente attualità, dato che l’impoverimento dei nostri mari, dovuto all’intenso sfruttamento da parte dell’uomo pone a rischio estinzione molte specie. Di recente alcune campagne promosse da organizzazioni quali Greenpeace hanno portato queste tematiche all’attenzione di molti consumatori ignari del problema. Diciamoci la verità, prima di queste campagne quante persone al momento dell’acquisto si soffermavano a leggere l’etichetta di una scatoletta di tonno? Le principali motivazioni che hanno indotto a scegliere una scatoletta piuttosto che un’altra sono state per decenni essenzialmente il prezzo ed il sapore, ma qualcosa sta cambiando. Consumatori più attenti, più sensibili alle tematiche ambientali, stanno costringendo finalmente le aziende ad una maggiore trasparenza circa il prodotto venduto, precedentemente etichettato genericamente come “tonno”. I nuovi regolamenti europei stabiliscono regole precise in materia di etichettatura degli alimenti trasformati, regolamento già in vigore dal 2002 per i prodotti ittici freschi, per cui vige l’obbligo di esporre nome comune e scientifico, metodo di produzione ed area di origine. Applicata a questo comparto, la nuova normativa, obbligherebbe le aziende a specificare la o le specie utilizzate e la loro provenienza. Al consumatore al momento non è dato sapere nulla sull’origine del tonno che è stato messo in scatola, spesso anche composto da varie specie, o su come è stato pescato. La moderna pesca industriale si è recentemente sostituita alla pesca tradizionale, minacciando la sussistenza degli stock ittici tramite l’uso di moderni strumenti tecnologici uniti a “stratagemmi” mirati a incrementare i risultati delle campagne di pesca, allontanando questo settore dalla sua sostenibilità ambientale.

La pesca tradizionale:

La pesca del tonno rosso, in mediterraneo, vanta un’antichissima tradizione. Introdotta dagli arabi intorno all’anno 1000 in Sicilia e in Spagna, si diffonde nel 1400 in Sardegna e nel 1600 in Liguria, e successivamente anche in Francia.  Il metodo di pesca varia a seconda del paese e delle tradizioni, in Francia ad esempio i tonni venivano avvistati  da alcuni posti di guardia elevati e circondati da reti calate da flotte di battelli, che li spingevano a riva in acque basse, dove si gettava l’ultima rete per permettere la cattura degli esemplari. In Sardegna e in Sicilia la tradizione prevedeva l’utilizzo di grosse reti formanti vere e proprie “camere” lunghe anche 4 o 5 km, che inducevano i tonni ad addentrarsi sempre più al loro interno fino ad arrivare alla cosiddetta “camera della morte”. Dalle tonnare a terra pertanto partivano le barche che partecipavano alla fine alla “mattanza”. Questa tradizione deriva dagli arabi ed è ormai quasi scomparsa a causa del collasso degli stock di tonno dovuto alla pesca di tipo industriale, che intercetta e cattura gli esemplari molto prima delle coste siciliane. Le ultime mattanze sono infatti avvenute nel 2003 alla tonnara Bonagia e nel 2007 a Favignana.

La pesca del tonno ai giorni nostri:

Eccessiva, indiscriminata e il più delle volte illegale, la pesca del tonno minaccia l’intero ecosistema marino. Cinque delle otto specie di interesse commerciale sono state inserite nella lista rossa della IUCN in quanto specie minacciate, compreso il famoso tonno pinna gialla. La quasi totalità dei tonni contenuti nelle scatolette sono pescati con metodi distruttivi, come i palamiti, le reti a circuizione e i sistemi di aggregazione per i pesci (FAD). Ma anche su questo il consumatore è poco o per nulla informato. La moderna pesca di tipo industriale, praticata al giorno d’oggi per far fronte ad una enorme richiesta di pescato, si avvale di strumenti quali:

  • Le “tonnare volanti”, che altro non sono che delle reti a circuizione calate rapidamente dalle imbarcazioni attorno a un banco di pesce, una volta che questo è stato individuato. La rete a circuizione è uno strumento utilizzato anche per la pesca di sardine, acciughe e sgombri, spesso chiamato “cianciolo” o “saccoleva”. I banchi di tonni sono avvistati non più da postazioni a terra, ma tramite moderni metodi satellitari o aerei, inseguiti dalle imbarcazioni e quindi circondati dalle reti, da cui è impossibile scappare.

  • Il palamito (longline), detto anche palangaro o palangrese è uno strumento di pesca costituito da una lunga lenza con inseriti ad intervalli regolari, altri braccioli di lenza portanti ognuno un amo, per un totale di svariate centinaia di ami. Il palamito è calato da un’imbarcazione e può essere fisso se ancorato al fondo con un peso o derivante se è libero di seguire le correnti. Con questo strumento si pescano vari tipi di pesce: dalle aguglie, al pesce spada, al tonno, tuttavia è responsabile di un fenomeno chiamato “bycatch”, che consiste nella cattura involontaria di altri organismi, di scarso o nullo valore commerciale, ma di notevole valore protezionistico. Rientrano nel bycatch prede quali uccelli, delfini, tartarughe, tonni e pesci spada sotto taglia commerciale. Ogni anno 250.000 esemplari tra tartarughe comuni e tartarughe liuto cadono vittime degli ami destinati a tonni e pesci spada. La stessa sorte tocca anche a uccelli marini quali gli albatros che si gettano sulle esche e annegano impigliati tra le lenze.

  • I FAD (Fishing aggregating devices) sono degli oggetti galleggianti, costituiti da boe, assi di legno, spesso anche semplici foglie di palma, chiamati anche “ombreggianti”, che svolgono un ruolo di aggregazione della fauna ittica. Al di sotto di un FAD si crea un vero e proprio assembramento di specie, dai piccoli pesci, ai grandi predatori (tonni, ricciole), crostacei e molluschi. La pesca industriale sfrutta questo espediente per realizzare facili catture, provocando un grande danno all’ambiente, perché il mini-ecosistema che si era creato viene rapidamente annientato. Inoltre nei pressi di un FAD si concentrano molti esemplari giovani, al di sotto delle taglie commerciali, ma anche specie di nessun interesse commerciale quali tartarughe, squali e altri pesci, che finiscono accidentalmente nelle reti. Per questo motivo l’utilizzo dei FAD sta distruggendo l’ecosistema marino e portando al collasso gli stock di tonno.

Il video choc di Greenpeace:

Di recente Greenpeace ha diffuso un video choc girato da un pilota di elicotteri dell’industria del tonno su un peschereccio coreano nell’Oceano Pacifico. Il filmato documenta le devastanti conseguenze derivanti da questo metodo di pesca, responsabile dell’uccisione di numerose specie protette quali balene, delfini, squali e tartarughe. Dalle stime di Greenpeace per ogni 10 kg di tonno pescato, viene ributtato a mare 1 kg di pesce “indesiderato” (bycatch), per un totale di 182.000 tonnellate annue. La campagna “Tonno in Trappola” di Greenpeace ha dimostrato come ad oggi, in Italia, non esista una scatoletta di tonno cento per cento sostenibile, le principali aziende produttrici non raggiungono neanche la sufficienza in quanto a sostenibilità dei propri metodi di cattura. I consumatori più che mai oggi chiedono trasparenza sui prodotti e un impegno da parte delle aziende alla vendita di tonno pescato interamente con metodi sostenibili. Ad oggi una sola azienda ha mostrato un certo interesse per l’ambiente, proponendo come prodotto il tonnetto striato, pescato esclusivamente “a canna” (vedi il nostro precedente articolo Il Tonno…siamo sicuri di conoscerlo?”). Tuttavia ciò non basta, perché non basta sostituire lo sfruttamento di una risorsa con un’altra, bisogna adeguare le tecniche di pesca alla sostenibilità ambientale.

In Europa:

Il Parlamento europeo ha di recente approvato un nuovo regolamento a protezione del tonno rosso, concordato nel 2010 dalla Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonni dell’Atlantico (Iccat), che entrerà presto in vigore. La nuova normativa prevede la riduzione delle flotte di pesca, un periodo più lungo di chiusura alla pesca tramite reti a circuizione e un maggior numero di controlli, sui metodi e sulle quote di pesca consentite dalla Comunità Europea ad ogni stato membro (già ridotte a livello Europa da 7.113 T a 5.756 T, e a 1.787 T per l’Italia). Le “quote”, sono le quantità di Tonno Rosso pescabili da ogni paese del Mediterraneo, assegnate dall’Iccat a seguito di un’indiscriminata pesca verificatasi in Mediterraneo negli scorsi anni per sopperire alle richieste di un mercato esigente quale quello giapponese. Questo perché la qualità del Tonno Rosso del Mediterraneo è di gran lunga superiore a quella di qualsiasi altra specie, e ciò la rende un ingrediente ricercato per la preparazione di piatti quali il sushi e il sashimi.

Tempo di cambiamenti:

Il collasso degli stock impone che vengano prese con urgenza decisioni a loro tutela in merito agli strumenti di pesca non selettivi e alla pesca di frodo. Le catture illegali di tonni che eccedono le quote consentite o che non rispettano le taglie minime di pesca, sono infatti ancora troppo frequenti. La grande pesca industriale deve abbandonare metodi di pesca distruttivi quali i FAD, e sottostare a un monitoraggio costante di strumenti altamente impattanti quali le reti a circuizione e i palamiti. E’ auspicabile la riduzione dello sforzo di pesca e il ritorno ai metodi tradizionali, mirati alla pesca di individui adulti e in grado di causare in minor numero di catture accidentali. I Governi devono agire in sinergia per garantire lo sfruttamento sostenibile delle risorse marine, sostenuti oltre che da un’opinione pubblica sempre più sensibile, da uno schiacciante consenso scientifico. Soltanto così riusciremo ad evitare il collasso di un settore e ancora prima di una risorsa così preziosa.

 

 

 

 

Antonio Giacoletti.

Fonti immagini: Greenpeace, web.

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