Passeggiando tra gli scogli…

Il nostro Mar Mediterraneo presenta al suo interno un numero così elevato di forme di vita, che descriverle tutte con i loro vari aspetti è quasi impossibile, per le diverse sfaccettature e punti di vista che si dovrebbero mettere in risalto. In questo breve articolo daremo una descrizione della diversità che è possibile incontrare durante una semplice passeggiata sulla costa rocciosa.

Sole alto, in un cielo limpido di una calda giornata, mare calmo mosso solo da una lieve risacca che si ode scrosciare già in lontananza; la bassa marea di certo non può far altro che facilitarci in una passeggiata rilassante e culturale tra la costa rocciosa del nostro Paese. Benvenuti nella passeggiata virtuale di Bio&Eco Marina.

Passeggiando tra gli scogli…

Fig.1. Santo Nicola – Favignana-Isole Egadi

Arrivati sulla costa rocciosa è possibile avere già la sensazione di essere notati da rapidi osservatori che ad un nostro minimo movimento scompaiono tra gli scogli, bene, si tratta dei granchi. Tra questi crostacei possiamo incontrare quelli che con fare minaccioso, prima di scappar via ci sfidano ad un duello, mentre ci sono granchi meno temerari che corrono via, adagiandosi ogni tanto con il proprio corpo sulla roccia per mimetizzarsi con essa. I primi sono gli Eriphia verrucosa (Fig.2), chiamati comunemente “Favollo”, mentre appartenente alla seconda tipologia è il Pachygrapsus marmoratus, noto anche come “Granchio corridore”.

Eriphia verrucosa (Forskal, 1775). Il Favollo è un granchio tipico di ambienti rocciosi. Ha un colore rosso-bruno. Presenta tre denti sulla fronte. Tubercoli dei chelipedi ricoperti da fitti ciuffetti di setole. Questo granchio ama stare molto davanti la propria tana, mostrando solo una chela in modo da poter afferrare l’incauta preda che si trova di passaggio davanti a esso.

Fig.2. Eriphia verrucosa (Forskal, 1775) sulla zona di marea.

Il Favollo è un crostaceo carnivoro, che con le sue possenti chele domina incontrastato le aree superficiali delle scogliere, anche se in realtà vive anche nei primi metri d’acqua davanti alle proprie tane, in attesa di una potenziale preda. Gli unici animali che possono temere, proprio in superficie, i nostri amici “pelosi” (nome dialettale dell’Eriphia verrucosa, per via delle setole che ricoprono per la maggiore gli arti di questo artropode per scopi sensoriali), sono i polpi. L’Octopus vulgaris (Fig.3) è mollusco cefalopode che caccia attivamente durante la notte, spostandosi anche sulla scogliera. Il polpo è un animale molto ghiotto di granchi, che preda  avvolgendo la sua vittima nei suoi otto tentacoli per portarla alla bocca e spolparla, nel caso del granchio rigirerà l’animale per nutrirsi di esso dal lato dell’addome.

Octopus vulgaris (Cuvier,1797). Il polpo è un abitante tipico di fondali rocciosi e anfratti, che non disdegna dei rifugi artificiali dati da una latta o una vecchia anfora. Non è atipico osservarlo in una conchiglia priva del suo mollusco. Questo animale talvolta non si fa notare facilmente per la sua capacità di cambiare colore, mimetizzandosi col fondale su cui si adagia. Un polpo minacciato, emette una nuvola nera per confondere il suo potenziale predatore, per poi fuggir via.

Fig.3 Octopus vulgaris (Cuvier,1797) guarda con attenzione il suo osservatore

Talvolta è possibile imbattersi in granchi che sembrano apparentemente a riposo, ma che in realtà sono stati predati dai polpi. Un metodo facile per identificare un granchio spolpato da uno che si è cambiato di abito privandosi del suo esoscheletro per far accrescere le sue parti molli, è girare l’esemplare, ed osservare l’addome che apparirà proprio come quando spolpiamo un frutto. Tornando all’Eriphia, possiamo dire che sono temuti da altri piccoli organismi, ma in un qual modo devono essere temuti anche  dagli incauti bagnanti che si accingono ad immergersi o passeggiare tra le rocce, poiché una loro “pinzata” con una delle loro chele può provocare tagli ed un forte dolore. Osservando la chela destra molto più grande della sinistra, che l’Eriphia utilizza per afferrare le prede, ci si rende ben conto di cosa si può rischiare. La chela sinistra più piccola viene utilizzata tipicamente per tagliare, mentre la chela più possente per rompere i gusci delle prede.

Il Pachygrapsus marmoratus (Granchio corridore) (Fig.4); onnivoro, ma più propenso all’erbivoria, è un crostaceo molto più schivo che in un primo momento sembra non temere l’uomo, ma in realtà sta immobile con l’addome aderente alla scogliera per mimetizzarsi al meglio, poi al minimo rumore o movimento, fila via senza pensare minimamente a minacciare, essendo dotato di chele che sono ben diverse da quelle dellEriphia verrucosa.

Pachygrapsus marmoratus (Fabricius,1787). Questo granchio ha una colorazione tipica grigio verde o verde oliva, con disegni nero verdi che danno un aspetto marmoreo all’animale. Vive tipicamente sulla roccia, ed è un tipico frequentatore della zona di marea. Ha un comportamento molto timido, infatti non esita a fuggir via se avverte di esser minacciato.

Fig.4 Pachygrapsus marmoratus in attesa di fuggire sulla vostra sinistra, nel momento in cui si distoglie lo sguardo su di esso.

Le chele del granchio corridore, sono di uguale forma e dimensione. Il granchio corridore non è da confondere con il granchio corridore Atlantico (Percnon gibbesi) che presenta una colorazione rossiccia degli arti, più lunghi e seghettati sul margine anteriore, ed inoltre vive in zone più adombrate ed anche più profonde della scogliera rispetto al granchio corridore mediterraneo. Il Percnon gibbesi (Fig.5) non è una specie nativa del Mediterraneo, ma come si evince dal suo nome comune è un granchio Atlantico che ha fatto ingresso nel Mare Nostrum, che in questi anni sta andando incontro ad un processo lento ma costante di colonizzazione da parte di organismi alloctoni (organismi non nativi del Mediterraneo).

Percnon gibbesi (H.Milne Edwards,1853). Granchio alloctono del Mediterraneo,segnalato per la prima volta nel 2000 nell’Isola di Linosa. Vive in posti adombrati. Si ritiene prettamente erbivoro, ma non disdegna l’onnivoria.

Fig.5. Percnon gibbesi, nella sua tipica posizione, prima di alzarsi sulle sue zampe per scappare in maniera furtiva.

Bene! Spero che in questa passeggiata vi siate muniti di un abbigliamento adeguato, possibilmente, spero che non siate a i piedi nudi, poiché gli unici che possono pizzicarvi tra gli scogli non sono solo i nostri amici granchi, ma ben altri crostacei, che se osservati con poca attenzione possono rassomigliare ad una parte della scogliera. Sto parlando del Chthamalus stellatus (Fig.6), detto comunemente “dente di cane”.

 

Chthamalus stellatus (Poli,1795). Il dente di cane è molto comune nella zona degli spruzzi. Ha la capacità di tollerare lunghi periodi senza acqua, ma non tollera le variazione di salinità: infatti non si incontra mai nelle pozze di scogliera. Talvolta non è immediatamente visibile, poiché può essere ricoperto da alghe che ne mascherano l’aspetto. Questo organismo si può incontrare in diverse superfici dure, quindi si può insediare anche sulle carene delle barche.

Fig.6. Chthamalus stellatus, sulla zona dello spruzzo

Questo organismo che colonizza i diversi substrati duri dell’ambiente marino, è capace di resistere alle escursioni di marea, ma può anche vivere benissimo lì dove l’acqua del mare arriva solo con degli spruzzi. In questa lunga passeggiata vi sarà possibile incontrare diversi organismi, sia animali che vegetali che riescono benissimo a resistere alle condizioni di bassa marea. Comunque, cosa si scorge all’orizzonte?! Sembra essere una scogliera che somiglia ad una piattaforma.

 

 Fig.7.Sguardo sull’Isola di Levanzo – Isole Egadi

Continua..

Paolo Balistreri

Link all’articolo originale su AMM

Fonti fotografiche:

Fabio Russo: Percnon gibbesi e Octopus vulgaris

Paolo Balistreri: Santo Nicola – Favignana- Isole Egadi, Eriphia verrucosa, Pachygrapsus marmoratus, Chthamalus stellatus e Sguardo sull’Isola di Levanzo

Fonti bibliografiche:

Riedl,R  Fauna e Flora del Mediterraneo, Muzzio,1991

Mojetta,A e Ghisotti,A  Flora e Fauna del Mediterraneo,Mondadori,1997

Michele Abbondanza e Francesco De Rosa  Scheda Tassonomica, AMM

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