Le microplastiche minacciano l’ecosistema marino

anti-pollution-fish-Nell’ambiente risultano essere dispersi dei residui di materiale plastico che non sono visibili all’occhio umano. Per certi aspetti questi micro-contaminanti risultano avere una pericolosità maggiore rispetti ai rifiuti che siamo abituati a vedere di solito. Negli ultimi anni queste piccole particelle prodotte dall’industria hanno invaso gli oceani e si sono concentrate nei sedimenti di fondo, raggiungendo persino concentrazioni di 100.000 unità per metro cubo. A causa delle loro piccole dimensioni le microbeads vengono ingerite dagli organismi con conseguenze non del tutto chiare per la loro salute. La loro distribuzione interessa gli ecosistemi marini ed acquatici ad ogni livello: sono presenti sulle spiagge, nelle acque superficiali, lungo la colonna d’acqua e per finire l’ambiente bentonico dei fondali. In particolare ci sono delle zone che sembrano rappresentare dei punti di accumulo per le microplastiche: quelle interessate da importanti correnti e quelle che si trovano vicino alla costa. Si crede che più di 250 specie marine abbiano ingerito queste particelle e certamente la presenza delle microplastiche nei sedimenti oceanici le rende biodisponibili per un ampio range di organismi. Infatti esse possono entrare a far parte della catena alimentare dei filtratori, dei detritivori e dei cacciatori di plancton. Una volta all’interno dell’organismo le microbeads possono causare danni come l’abrasione dei tessuti interni e il blocco del regolare funzionamento degli organi. A questo impatto di natura fisica se ne affianca un altro di tipo chimico la cui azione scaturisce dalla presenza di additivi artificiali aggiunti al materiale plastico, di cui sono fatte le particelle ingerite. GliMicrobeads effetti di questa aggressione chimica si scatenano principalmente a livello del sistema endocrino e sono in grado si provocare anche la cancerogenesi. Inoltre le microplastiche possono concentrare al loro interno le molecole idrofobiche degli inquinanti organici persistenti, i POPs. La concentrazione di questi contaminanti nocivi nelle microbeads risulta essere di ben sei ordini di grandezza superiore a quella delle acque oceaniche e per questo esse rappresentano una via di esposizione ideale per gli organismi marini che tendono a bioaccumulare questi composti attraverso la catena trofica. La biodisponibilità delle microplastiche può essere aumentata da alcuni fattori biologici. Per esempio il fenomeno stagionale della flocculazione che porta alla formazione di aggregati contenenti le microbeads che sprofondano lungo la colonna d’acqua è una facile via di scambio energetico tra l’ambiente pelagico e quello bentonico. Le particelle di plastica ingerite poi possono essere condotte nuovamente all’esterno dell’organismo, con la produzione delle feci e queste ultime rappresentano il cibo ideale per i filtratori del sedimento sospeso e per la fauna che si nutre di detriti. Purtroppo si è scoperto che l’impatto negativo delle microbeads non si manifesta solo sui singoli organismi ma è in grado di modificare la struttura della  intera popolazione e di conseguenza anche le dinamiche degli ecosistemi potrebbero esserne influenzate. Per questo motivo è necessario sviluppare un azione mirata per monitorare meglio la diffusione e gli effetti delle insidiose microplastiche.

Chiara Scamardella

Fonte articolo:

www.sciencedirect.com/…/S0269749113001140