Intervista a Maria Ghelia

Foto di Luigi Fabbri- Maria Ghelia a  Palinuro  nel 1989

Maria Ghelia a Palinuro nel 1989 (Foto di Luigi Fabbri).

Maria Ghelia è nata a Torino nel 1939. Prima donna iscritta ad un corso regolamentare Fips, consegue il brevetto di I° B grado n° 126 nel 1959. Esigenze familiari ed un periodo di molti anni trascorsi in Inghilterra, prima, e negli Stati Uniti, poi, la tengono lontana dal lavoro in mare. Nel 1979, al definitivo rientro in Italia, la passione ha il sopravvento e già nel 1980 incomincia a collaborare con un centro immersioni. Nel 1981 fonda il Centro Pesciolino Sub di Palinuro dove l’attività subacquea diventa, finalmente, lo scopo della sua vita. Le numerosissime immersioni di lavoro, sempre sui medesimi punti, le favoriscono l’osservazione biologica e le consentono di seguire l’evolversi della vita dei vari organismi per cui, l’antica passione della biologia, mai appagata, riaffiora prepotentemente. Nel 1990 fonda il Centro Immersioni Pantelleria dove, grazie alla presenza sull’isola del grande amico Guido Picchetti, si dedica alla videoripresa subacquea, sempre eseguita in macro. La grande biodiversità di questo mare offre ampio campo per ricerche, osservazioni e filmati, per cui la Biologia Marina diventa lo scopo principale del suo lavoro. Nel 2001 la Sovraintendenza ai Beni Archeologici Subacquei le affida la guardiania di un buon tratto di costa occidentale e meridionale dell’isola di Pantelleria.

Cosa le ha fatto conoscere l’amore il per il mare?

Da sempre mi sono sentita attratta dalla Natura tutta, ma il Mare ha avuto il primo posto nella mia vita e nei miei interessi.  Purtroppo, al momento della scelta degli studi, anziché Biologia Marina mi è stato imposto Ragioneria.  Solo più avanti negli anni, ormai approdata a Palinuro ed intrapreso il lavoro di guida ed istruttore subacqueo, ho potuto finalmente dedicarmi completamente alla mia passione.

Come si è sentita ad essere la prima donna inserita nel corso Fips?

Era il primo passo per avvicinarmi al Mare e non ho mai vissuto l’esperienza come un “primato”.  Certo non è stato facile rompere la barriera dell’allora pregiudizio che la subacquea apparteneva solo agli uomini veri e forti, ma la mia testardaggine ha avuto il sopravvento.  Dopo i regolamentari   sei mesi di corso, il risultato mi ha premiato: su 16 iscritti ero tra i 6 brevettati.

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Maria Ghelia durante una lezione di biologia (Foto di Alberto Romeo).

Perchè ha scelto Pantelleria come luogo di lavoro?

Nel 1989 un grave incidente in mare mi ha obbligato a lunghi trattamenti in camera iperbarica e  di riabilitazione in piscina.  Il mio sogno, per tutti i mesi pesantissimi, sia dal lato fisico sia psicologico, è stato quello di trovare un’isola deserta su cui rintanarmi, lontano da tutto e da tutti, per ritrovare il mio equilibrio.

Fra tutte le isole, Lampedusa, Linosa e Pantelleria, la mia scelta è caduta su quest’ultima perché non esistevano centri d’immersione ed i collegamenti, allora come oggi, erano scarsi e soggetti ai voleri di venti e mari, non permettendo, quindi, un lavoro di massa.

Arrivata sull’isola per un giro di ricognizione, ne sono rimasta affascinata ed in poche ore, pur non avendo fatto altro che un periplo terrestre di Pantelleria, avevo preso la mia decisione: qui avrei recuperato quella tranquillità e quel Mare tanto agognato ed avrei dedicato il tempo a studiarlo come avevo sempre desiderato. 

E quest’isola, mio piccolo paradiso, non mi ha tradito!  Ho trovato un mare difficile per venti e correnti, ma di una ricchezza impensabile tutta da scoprire, acque limpide, chiare e calde, un caleidoscopio di vita mediterranea e non che ben si addicevano alla mia idea d’immersione di piacere ma nella conoscenza di ciò che ci circonda. 

Qual è stata l’immersione che le è rimasta particolarmente a cuore?

Mai cancellerò dal mio cuore e dalla memoria la prima volta che, a due mesi dall’incidente, fui letteralmente calata in mare dal gozzo, attrezzata del mio vecchio ed amato ARO.  Si avverava il sogno per cui avevo combattuto immobilità, dolori, sconforto.  Ritornavo al mio mondo liquido in pochi metri d’acqua dove tentare di riprendere l’uso delle gambe, libera dal peso che sulla terra m’immobilizzava, ma soprattutto libera di osservare, cercare, studiare quanto vedevo con occhi molto diversi.  Mi ricordo come la maschera si riempì d’acqua …ma non di mare!

Il suo organismo marino preferito?

Non esiste un organismo che preferisca agli altri.  Credo che ciascun essere vivente, in mare come in terra, è unico nella sua perfezione e bellezza.  Ogni essere, vegetale od animale, mi incita a studiarlo meglio, a dargli un nome se non lo conosco ancora, ad osservarlo nel passare delle stagioni e seguirne le vicende di vita.  Ho ormai molti amici che mi riconoscono, senza aver mai dato loro cibo, e che mi permettono di esser tra loro senza alterare il loro ritmo di vita od impaurirsi.

Ha mai pensato di scrivere un libro in cui raccontare le sue esperienze?

Non reputo di aver conoscenze sufficienti per scrivere un libro: a volte, leggendo, penso che ci siano già troppe persone che lo fanno senza averne le capacità e quindi, ben conscia dei miei limiti, mi astengo.  Cerco di passare le informazioni di cui sono sicura, a tutti coloro che scendono sott’acqua con me ed ai miei nipoti, ormai e finalmente, subacquei pure loro, ai bambini delle scuole che devono imparare a rispettare il Mare ora che sono piccoli.  I filmati fatti negli anni servono ottimamente a questo scopo, accompagnati dalla viva voce che ne spiega il contenuto, con la possibilità di rispondere anche alle più impensabili domande..

Cosa pensa del fenomeno delle specie alloctone?

Qui a Pantelleria ho visto arrivare molte specie alloctone, e per tutte quelle che si sono ambientate, ho avuto modo di seguirne l’adattamento ed il comportamento.  Non mi pare di aver riscontrato particolari danni a carico delle popolazioni locali, anzi credo che anche in questo il Mare ha delle regole sue.  La prima specie alloctona osservata è stata, per esempio, la Caulerpa racemosa: sono vent’anni da quando ho osservato il primo stolone su un masso, ma questa specie che si è dilagata parecchio ormai in tutta l’isola, non interferisce assolutamente con le prateria di Posidonia oceanica.  Sembra fermarsi al limite della matta e rispettare il territorio altrui.  Altre madrepore, pesci, crostacei entrati dai vari oceani, hanno una loro nicchia e non ho, finora, riscontrato danno alcuno sulla vita mediterranea.

L’uomo capirà che sta distruggendo se stesso con l’uccisione spregiudicata di molti organismi marini?

La mia paura è che l’uomo sia troppo preso dai propri interessi personali per fermarsi davanti alla spregiudicatezza dei suoi comportamenti e dei danni che provoca alla vita marina.  Occorre, a mio modesto parere, rivolgere tutta l’attenzione ai giovani che sono il nostro futuro.  Forse loro, addestrati da subito a conoscere e, quindi, a rispettare il Mare riusciranno a salvaguardare quanto non ancora distrutto.  E’ anche mia convinzione che, nell’attesa che i giovani crescano, il Mare stesso abbia un sistema suo di autoprotezione altrimenti, già oggi, con i nostri comportamenti non ci sarebbe più nulla da salvare.

Cosa può augurare alle nuove generazioni?

L’augurio più bello che posso fare alle nuove generazioni è che siano in grado di trasmettere ai loro figli il Mare che era in origine, splendido, ricco, inimmaginabilmente bello, culla di tutta la vita sul nostro Pianeta.

Biografia: MondoMarino.net

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