Intervista al dott. Francesco Bertolino, biologo marino e presidente della Bio&Tec Soc. Coop.

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Biologo, laureato nel 1989 preso l’Università degli Studi di Palermo. Dal 1990 al 2007 ha collaborato con l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC), del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Mazara del Vallo occupandosi di valutazione delle risorse demersali. Dal 1995 al 2002 ha lavorato presso l’Istituto di Biologia Marina del Consorzio Universitario della Provincia di Trapani occupandosi di gestione della pesca e della fascia costiera. Dalla stessa data collabora con il Consorzio Unimar di Roma, con l’Istituto Cooperativo di Ricerca (ICR) di Napoli, di cui fa parte del Consiglio di Amministrazione, e con l’AGCI Agrital per la progettazione e realizzazione di iniziative e programmi di ricerca per la gestione delle risorse ittiche e della fascia costiera. Nel 1995 ha frequentato, presso il Formez di Napoli, il corso di specializzazione post-laurea per “Dirigenti Tecnici – Analisti di Impatto Ambientale”. Da agosto 2002 a giugno 2003 è stato direttore dell’Area Marina Protetta “Isole Egadi”. Dal 2007 è presidente della Bio&Tec Soc. Coop., società costituita da biologi marini che si occupa di ricerca e servizi applicati all’ambiente, alla pesca e all’acquacoltura.

1. Dottor Bertolino, cosa rappresenta il mare per lei?
Le rispondo con tre parole: libertà, mistero, vita. Il mare, sopra e sotto la superficie, ha sempre rappresentato per me la libertà del corpo e dello spirito ma anche un ambiente da “rispettare” e “temere” visto che non finiremo mai di conoscerlo abbastanza.
2. Cosa ne pensa del legame attuale tra la biodiversità marina e la piccola pesca professionale?
Qualsiasi attività di pesca impatta sull’ambiente marino e non si può prescindere dal rispetto della biodiversità e dal mantenimento, nel tempo, di un buono stato ecologico e la resilienza dell’ecosistema marino. Anche la piccola pesca artigianale, per quanto più “sostenibile” rispetto ad altre forme di prelievo, non è esente da impatti e bisogna trovare il giusto equilibrio per mantenerne la pressione entro limiti compatibili. Molto dipende da come viene esercitata: area di pesca, stagionalità, sforzo di pesca, attrezzi utilizzati, possono determinare un impatto sulla biodiversità marina. Sono però convinto che bisogna sempre lavorare per trovare un equilibrio tra la permanenza di tale attività tradizionale (alcuni “mestieri” stanno ormai scomparendo) e la necessità di nuove politiche attive di protezione del patrimonio naturale e della biodiversità marina.
3. La piccola pesca viene ad oggi tutelata da chi di dovere? Cosa si dovrebbe fare per trovare il giusto equilibrio tra piccola pesca e tutela della biodiversità?
La piccola pesca nell’Unione Europea è da molti anni al centro dell’attenzione della Politica Comune della Pesca e sempre maggiore è l’attenzione per questo segmento considerato generalmente meno impattante sulle risorse. Va anche tenuto presente che la pesca artigianale costituisce un’importante attività economica tradizionale, anche con valenza culturale e sociale, soprattutto in alcune regioni o località. Il comparto della pesca costiera artigianale è caratterizzato, oltre che dall’uso di diversi attrezzi o sistemi nell’ambito della stagione di pesca, anche dalla multispecificità delle catture, e se questo garantisce uno sforzo diversificato ed un conseguente diminuito impatto complessivo sulla singola risorsa, rende assai più articolata e difficile la valutazione sulla situazione dei molti stock sui quali incide. Bisogna lavorare tanto sullo sviluppo, la competitività e la sostenibilità della pesca costiera artigianale e in tal senso ci possono dare una mano gli interventi ad hoc previsti dal FEAMP, il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca dell’UE per il periodo 2014-2020.
4. Cosa le piacerebbe progettare per migliorare il legame istituzioni e piccola pesca professionale a beneficio di quest’ultima e la biodiversità?
Personalmente ho sempre avuto grande interesse per il ruolo della pesca artigianale nelle Aree Marine Protette a cui, proprio per la sua notevole dimensione sociale ed economica, va dato il giusto peso nella gestione del territorio. Il coinvolgimento diretto dei pescatori, sia in attività di ricerca e monitoraggio che di salvaguardia ambientale, è fondamentale per garantire la condivisione delle regole e può contribuire ad una comune pianificazione degli scopi di istituzione e di gestione dell’Area Marina.
5. Lei è di origine favignanese, quindi potrebbe dirmi in linea di massima cosa pensa dello status del Tonno rosso?
Già a partire dagli anni ’90, con l’aumento esponenziale delle capacità di pesca industriale, lo stock di Tonno rosso è stato sovrasfruttato e l’ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) nel 2006 è dovuta intervenire adottando un piano di 15 anni per la ricostituzione degli stock di Tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo, anche con l’introduzione di quote di cattura (TAC: Total Allowable Catch). La gestione responsabile e sostenibile della pesca ha dato i suoi risultati e negli ultimi anni i dati indicano una progressiva ricostituzione degli stock di questa specie che è tornato a popolare con maggiore abbondanza il Mediterraneo, tanto che l’ICCAT ha adottato un aumento delle quote di cattura fino al 2020.

Bertolino 3 6. Il “ripopolamento” di alcuni tratti di mare sovra sfruttati è pensabile? Con quali metodiche?
Indubbiamente le Aree Marine Protette, con le zone A di riserva integrale nelle quali è interdetta ogni forma di pesca, rappresentano i siti privilegiati per lo sviluppo di esperienze gestionali avanzate sulla pesca. Ma non sempre per “ripopolare” un tratto di mare è sufficiente diminuire o sospendere l’attività di prelievo, anche perché altri fattori possono contribuire al depauperamento delle risorse ittiche, uno per tutti l’inquinamento (nelle sue diverse forme). Certamente bisogna migliorare la selettività degli attrezzi, rispettare le taglie minime e gestire al meglio l’overfishing. Capitolo a parte sono le strutture sommerse per il ripopolamento ittico e la pesca, le così dette “barriere artificiali”, che installate su fondali marini attraggono la fauna locale per la possibilità di trovare protezione dalla pesca e dai propri predatori naturali o di alimentarsi su organismi insediatisi sulle nuove superfici resesi disponibili. Numerose pubblicazioni indicano però che, se da un lato le barriere artificiali influenzano certamente le comunità bentoniche dei siti interessati, dall’altro eventuali mutamenti per le specie ittiche sono difficilmente determinabili in termini qualitativi e quantitativi.
7. Cosi si potrebbe abbattere il problema della plastica in mare?
Il problema della plastica in mare è l’argomento del giorno. Bisogna produrre meno plastica e buttarne sempre meno, incentivando la riduzione di rifiuti di plastica di origine domestica che ormai rappresenta più del 50% del totale. Bisogna puntare su materiali riutilizzabili o biodegradabili.
8. Può dirci in due parole cosa sono le reti fantasma?
Le “reti fantasma”, meglio la “pesca fantasma” o ghost-fishing, è la capacità degli attrezzi da pesca persi o abbandonati in mare di continuare a pescare mantenendo per lunghi periodi la loro capacità di cattura. Gli attrezzi da pesca possono essere persi per condizioni meteo-marine avverse, ma anche per sporgenze sul fondale o errori umani. Talvolta vengono abbandonati in mare volontariamente. Il periodo durante il quale l’attrezzo continua a pescare varia in funzione di diverse variabili, quali il tipo di attrezzo, il materiale di costruzione, la profondità ed il tipo di fondale, la presenza di correnti. Il tasso di mortalità da “pesca fantasma” è un dato di grande importanza ai fini della gestione delle risorse ma purtroppo non facilmente quantificabile.
9. Cosa sogna per i tratti di costa a lei tanto cari?
Sembrerà scontato, ma auspico un maggiore e condiviso impegno da parte di tutti gli stakeholder: istituzioni, ricerca, operatori della pesca.
10. Un ultima domanda. Il suo animale marino preferito?
Il Tonno! Una specie possente, gregaria e migratrice, ma che puntualmente, ogni anno, torna nei luoghi che ben conosce.

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