Intervista a Massimo Boyer

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ABC Terra vi propone un’intervista a Massimo Boyer, fotografo subacqueo, nonchè collaboratore pluriennale con numerose riviste e case editrici del settore. Dopo essersi laureato in Scienze Biologiche e avere perfezionato i suoi studi tramite un Dottorato di Ricerca in Scienze Ambientali (Scienza del Mare), ha partecipato nel corso della sua carriera a numerosi programmi di ricerca e di educazione. Ha ricoperto diversi incarichi di insegnamento presso istituti quali l’Università di Milano Bicocca, l’Università Politecnica delle Marche ed altri. Libero professionista nel campo della ricerca biologica e della divulgazione, si dedica inoltre al turismo subacqueo organizzando crociere subacquee, in Indonesia. Un esperienza a 360 gradi!

1. Quando è nato il suo amore per il mare? La domanda può apparire scontata, ma ogni passione non nasce sempre sin da piccoli.

Nel mio caso nasce da piccolo. La mia mamma per farmi stare buono mi metteva davanti alla tv quando trasmettevano i documentari di Jaques Cousteau. A pensarle oggi quelle vecchie immagini, che io vedevo in un vecchio televisore in bianco e nero, sfocate e tremolanti, fanno un poco ridere ma io ero letteralmente affascinato dal mondo del silenzio. Lì è nato il mio interesse verso la biologia marina e tutto il resto. Sono in qualche modo un figlio adottivo del comandante Cousteau.

2. Qual è l’organismo marino che ha attirato immediatamente il suo interesse?

Non amo fare classifiche, ma se devo scegliere un solo animale scelgo il cavalluccio marino, che infatti mi porto dietro come logo delle mie attività.

3. Cosa pensa degli acquari?

Ho lavorato per 3 anni all’Acquario di Genova, capisco che un acquario possa attrarre chi non ha la possibilità di immergersi, capisco anche che il danno che fa, in termini di prelievo di organismi dall’ambiente, è limitatissimo. Il fatto è che personalmente non mi piace tenere animali in un ambiente artificiale, non fa per me, se voglio vedere degli animali del mare mi immergo e vado io nel loro ambiente.

4. Secondo lei, vi è un reale distacco tra le logiche di gestione della pesca della comunità europea e le piccole realtà marinare?

Che domanda difficile, non mi sento preparato per avere un’opinione completa, non conosco a fondo i termini del problema. Ammetto la mia ignoranza in materia e mi astengo dal dare un parere che sarebbe parziale. Ci sono troppe persone che fanno i tuttologi e vomitano sentenze spaventosamente di parte. Preferisco ammettere che la mia specializzazione non mi ha mai portato a approfondire le politiche europee in materia di pesca, per cui parlerei per sentito dire.

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5. Qual è il problema ecologico e biologico che si sta sottovalutando secondo lei nel nostro paese?

Quello che sta alla base di tutti i problemi ecologici mondiali: siamo troppi, un solo pianeta Terra non basta alla popolazione umana. Questo è il problema che tutto il mondo sottovaluta, o rifiuta di considerare.

Un problema che mi sta a cuore è il rischio di estinzione degli squali, che continuano a essere pescati in modo insostenibile, e non solo per il mercato delle pinne in Cina: l’Italia è il quarto paese al mondo per consumo di carne di squalo, alla base di tutto c’è una mancanza di informazione. La massaia che va al supermercato e compera il trancio di verdesca, perché è economico e non ha lische, non sa che così facendo contribuisce all’estinzione di una delle specie più belle che abbiamo in Mediterraneo. Probabilmente non sa nemmeno che la verdesca sia uno squalo. Tutti i subacquei si indignano a sentire che la pesca agli squali continua, ma la verità è che noi subacquei siamo una nicchia, siamo quell’uomo che al grido “squalo” va verso il mare camminando controcorrente, mentre altri 99 scappano lontano. Bisognerebbe lavorare di più su chi subacqueo non è.

6. Conosce una ricerca nel campo della biologia ed ecologia marina che le infonde una speranza per il futuro del nostro paese?

Francamente no, per fortuna conosco tanti piccoli progetti che tanti ricercatori comuni portano avanti, tra mille difficoltà e che mi fanno sperare in bene. Non mi risulta che l’Italia abbia la ricerca scientifica tra i suoi programmi, o mi è sfuggito qualcosa ultimamente?

7. Quale è stato il motivo che le ha fatto scegliere di organizzare delle escursioni biologiche all’estero?

Ho vissuto per anni in Indonesia,  lavorando  principalmente nel campo del turismo, gestendo un diving center, due resort e poi una barca per crociere sub, e sempre cercando di comunicare la mia passione e la conoscenza della vita nel mare. Adesso che passo più tempo in Italia, vedo questa come un’evoluzione naturale. Cerco di trasmettere ad altri il modo di viaggiare che è il mio.

8. Da cosa è nata l’idea di un documentario sugli squali balena?

Certe storie nascono da sole, esistono, e aspettano solo che qualcuno le racconti. È il caso della storia dell’amicizia tra pescatori e squali balena nella baia di Cenderawasih, la storia è magnifica di per sé e per la situazione spontanea, naturale in cui è nata. Ho avuto la fortuna di essere tra i primi ad andarci, e ho trovato una storia a cui non bisognava aggiungere niente… solo raccontarla.

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9. Descriva in poche parole in che cosa consistono i suoi viaggi-escursione.

Viaggio naturalistico può voler dire diverse cose. Dal punto di vista del viaggiatore vuol dire poter viaggiare in un’area dove esercitare la propria passione per le bellezze naturali. Per il subacqueo, date le caratteristiche dell’ambiente dove ci immergiamo, tutti i viaggi possono essere naturalistici. Dal punto di vista dell’agenzia vuol dire cercare sempre nuove destinazioni, interessanti per la possibilità di vedere animali strani, e selezionare le strutture più attente all’osservazione della natura e alle problematiche ambientali. Seguendo questa filosofia Kudalaut viaggi sta aprendo nuovi itinerari, come l’isola di Bangka in Indonesia, come le Azzorre.

10. Quale è il messaggio in campo biologico e ecologico che vorrebbe consegnare ai giovani che si approcciano al mondo del lavoro?

Siate creativi, inventate qualcosa di nuovo.

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