Il valore del paesaggio: il bene paesaggistico come identità culturale. Il caso di S’archittu.

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<<Il paesaggio è un discorso pieno: basta saperlo ascoltare, disponendo dei mezzi e dei codici adeguati.>> – Eugenio Turri –

Il paesaggio è definito come “una zona o un territorio, quale viene percepito dagli abitanti del luogo o dai visitatori, il cui aspetto o carattere derivano dalle azioni di fattori naturali e/o culturali” (Giordano, 2006). Nonostante la sua tecnicità, tale definizione introduce un concetto fondamentale per l’ecologia umana: il paesaggio come elemento di riferimento identitario e di ritrovo dei propri valori culturali (Convenzione Europea del Paesaggio, CEP 2000). Identità che si esprime attraverso la presenza di un simbolo territoriale che evidenzia non solo la connotazione geografica del luogo, bensì il legame di appartenenza sociale e affettiva a uno specifico territorio. La CEP ha individuato nel paesaggio un fondamentale elemento del benessere individuale e collettivo, frutto delle percezioni che derivano dal modo di vivere e frequentare un determinato territorio. La promozione della salute nei luoghi di vita e di lavoro gioca un ruolo chiave nella tutela paesaggistica, contribuendo alla conservazione di quegli spazi a cui siamo affettivamente legati (topofilia) e che risultano essere un riferimento essenziale per ognuno di noi. La modificazione strutturale dei nostri luoghi di affezione comporta una serie di cambiamenti psichici e somatici del nostro stato generale di salute, che vengono interpretati come pseudolutti causati dalla perdita di valori per noi inviolabili e immutabili. La tutela della salute umana comporta implicitamente anche la conservazione paesaggistica, recepita come “componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni umane, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità” (art. 5 CEP 2000). La CEP riconosce la comunità come importante attore nella percezione visiva del territorio, in grado di discernere l’estetica del paesaggio in cui trova la sua identità culturale. Ruolo che i diversi esperti del settore non devono trascurare nelle considerazioni sugli eventuali interventi da effettuare in un determinato territorio, indipendente dalla loro tipologia e grandezza. Il valore paesaggistico di un luogo è classificato secondo una scala di 4 categorie attributive:

  • Eccezionale valore (callitòpi): aree conservate quali sono, senza ammissione di trasformazioni (monumenti naturali, spesso considerati ulteriormente come callitòpiassoluti).
  • Elevato valore: modificazioni regolamentate sulla base delle esigenze comunitarie e sottoposte a progettazioni curate.
  • Comune valore: aree residenziali e industriali; campagne coltivale; modificazioni che non comportano l’ulteriore deturpazione paesaggistica.
  • Parti degradate (cacotipi): aree dismesse, con interventi consentiti alla rivalutazione territoriale.

Oltre a tale valutazione, dobbiamo tenere in considerazione che il paesaggio è un bene comune, una proprietà collettiva a uso civico, il cui valore economico non è realmente quantificabile. Qualsiasi intervento che ne comporti una mutazione dovrebbe pertanto essere sottoposto a un’analisi economica, attraverso cui è possibile rilevare l’opinione pubblica sulle diverse configurazioni che potrebbe assumere il paesaggio a seguito di qualsiasi intervento. Mediante l’analisi trade-offs (costo-opportunità), si è in grado di stabilire se il cambiamento dell’aspetto paesaggistico è percepito dalla popolazione come un beneficio o un costo. Poiché la diversità è ciò che caratterizza la vita stessa, è palese che l’acquisizione di un cambiamento paesaggistico è interpretato individualmente in maniera differente. Tuttavia, la nostra Repubblica si fonda su 11 princìpi fondamentali, tra cui quelli di democrazia e di laicità. In un mondo sempre più dedito alla digitalizzazione, non dovrebbe essere difficoltoso acquisire le differenti espressioni democratiche di una piccola comunità su argomenti che coinvolgono i simboli della loro identità culturale. Così come non dovrebbe essere altrettanto difficile applicare il principio di laicità, secondo il quale la Repubblica Italiana tutela sì la religiosità umana ma senza che una tipologia prevalga pubblicamente sulle altre o sulla non-religiosità dei propri cittadini.

Nonostante ciò, spesso ci si trova di fronte a degli interventi che vengono autorizzati senza troppe considerazioni analitiche sia sul valore paesaggistico che democratico. A differenza di quanto espresso dalla CEP, frequentemente la componente civica non riveste un ruolo di rilievo negli interventi atti al cambiamento strutturale di un paesaggio, dando per scontato che il suo valore sia un altro rispetto a quello oggettivamente percepito. Nel Settembre 2015, la Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle province di Cagliari e Oristano ha ricevuto la documentazione necessaria per il posizionamento di una statua a carattere religioso nel lungomare di S’archittu. La richiesta, effettuata da un soggetto privato individuato da un gruppo ristretto di persone, ha avuto esito positivo e in data 21 Maggio 2016 la statua è stata posizionata nel promontorio di fronte a un arco naturale, senza alcuna comunicazione esplicativa e percettibile alla popolazione residente e usufruttuaria della borgata. La presenza improvvisa della statua è stata percepita dalla comunità in maniera negativa, sia per la sua natura religiosa sia per l’impertinenza nei confronti del paesaggio che, per quanto fosse stato in precedenza lievemente modificato dalla presenza di un vano tecnico contenente i fari di illuminazione, non aveva necessità alcuna di ulteriori modificazioni strutturali. S’archittu è una piccola borgata marina del Comune di Cuglieri (provincia di Oristano), che deve il suo nome alla presenza di un arco naturale, considerato patrimonio naturale dell’umanità, protetto dalla legge regionale n.31/1989 e gestito dal Comune di Cuglieri con decreto assessoriale n.41/2007. La scogliera in questione si trova nel territorio del Montiferru ed è costituita da diversi promontori di natura calcarea. L’intera area costiera è tutelata dal vincolo paesaggistico n. 42/2004. L’arco naturale (in Lingua Sarda “s’archittu”) si erge per circa 8 metri di altezza ed è stato modellato nel corso delle ere dall’azione erosiva degli agenti atmosferici e del moto ondoso. La cala è raggiungibile facilmente a piedi mediante un sentiero che è stato parzialmente lastricato nel 2002. Sede di diversi film, S’archittu è meta di numerosi turisti nonché punto di ritrovo degli abitanti del Montiferru che trovano in esso un punto di riferimento culturale e identitario. La presenza improvvisa di un oggetto estraneo alla topofilia del posto, ha indotto una reazione immediata da parte della comunità usufruttuaria temporanea e permanente. Richiamando il rispetto ai valori di laicità e democrazia e, soprattutto, la tutela del patrimonio naturalistico e paesaggistico, la comunità ha prontamente indetto una petizione online per la rimozione della statua (https://www.change.org/p/al-sindacodi-cuglieri-no-alla-mado…).

Per quanto viene riconosciuta dai petizionari la precedente antropizzazione del sentiero e l’entità modesta della statua (circa 1 metro di altezza), non si trova alcuna pertinenza con l’area paesaggistica e naturalistica in questione. Soprattutto, non ci si capacita dell’indisponibilità di un confronto pregresso con la popolazione interessata e dello sfruttamento di un bene comune da parte di un soggetto privato. L’unico dono reale di questo territorio è offerto dalla Natura stessa, che non ha alcun motivo di essere adornata in alcun altro modo per rendere fede al suo intrinseco valore di callòtipo assoluto. Ci si domanda il motivo per cui i princìpi afferenti al CEP non siano stati presi in considerazione da parte delle autorità competenti. Perché la connessione emotiva Uomo-Natura, la cooperazione progettuale e ’interazione sociale siano concetti sottostimati dalle stesse autorità quando devono essere prese delle decisioni che mutano le identità territoriali, ivi riferite come paesaggio. Parafrasando Bonesio, in ogni luogo c’è altro oltre all’uomo (e la sua religione e volontà individuale), la cui presenza e persistenza richiedono rispetto e responsabilità. La ricchezza di un territorio è data dalla sua tutela, non dall’usurpazione dovuta a fini particolari.

<<Il paesaggio è natura nella quale la civiltà rispecchia se stessa,
riconosce se stessa, immedesimandosi nelle sue forme: le quali,
una volta che la civiltà, una civiltà con tutta la sua storicità, si è in
esse riconosciuta, si configurano ai nostri occhi come forme, a un
tempo, della natura e della civiltà.>> – Rosario Assunto –

Dott.ssa Maria Fais,
Biologa e dottoranda in Scienze, Tecnologie e Gestione del Mare – Campus DO*Mar

Referenze: