GLI EFFETTI DELL’INQUINAMENTO SULL’AVIFAUNA MARINA

L’ecosistema marino è caratterizzato da complesse relazioni fra gli organismi che lo abitano e la sua esistenza si regge su equilibri molto delicati. Gli uccelli marini occupano tre dimensioni ambientali: quella dell’aria, quella delle acque e quella della terraferma. In effetti per questo motivo l’avifauna marina costituisce un elemento di importanza strategica per lo stesso ecosistema acquatico. In passato non sono certo mancati esempi di  incidenti disastrosi avvenuti in mare che hanno provocato lo sversamento di ingenti quantità di petrolio che ha causato la morte di numerosi individui appartenenti all’avifauna marina. Attraverso questi episodi di considerevole impatto ambientale gli scienziati hanno potuto studiare meglio il fenomeno della contaminazione da petrolio ed i risultati di queste ricerche hanno confermato le ipotesi già formulate da tempo: è proprio lungo le più importanti rotte delle navi mercantili che trasportano il greggio che si manifesta l’inquinamento “cronico” da petrolio con effetti negativi sulla vita di tutti gli organismi marini e non solo dell’avifauna. Fra gli altri uno dei fattori che determina la gravità dei danni della contaminazione da “oro nero” è la morfologia del paesaggio. Nel mare di Wadden, che bagna le coste dei Paesi Bassi e della Danimarca, ad esempio il fondale marino è caratterizzato da sedimenti molli, quindi una perdita di petrolio in questa area provocherebbe la mortalità  non solo dei volatili ma anche a tutte le altre specie marine presenti. La contaminazione cronica da petrolio di origine antropica è il risultato del flusso continuo sia  di piccole che di grandi perdite di greggio negli oceani, a cui si aggiunge lo scarico illegale da parte delle navi di rifiuti derivati dal petrolio. La conseguente mortalità di organismi marini si concentra maggiormente proprio sulle specie di uccelli marini che popolano le aree contaminate.

Gli idrocarburi entrano in contatto con l’ambiente marino durante il loro ciclo naturale che passa dall’estrazione al trasporto, ma avviene anche attraverso le deposizioni atmosferiche dovute alle attività industriali che li trasformano ed infine dalle fonti che hanno origine sulla terraferma. I livelli di contaminazione base sono normali nell’ecosistema acquatico e stabiliscono quelli che vengono chiamati: “livelli di background” a cui gli organismi si sono adattati da tempo. Il problema dell’attuale inquinamento cronico sorge a causa della recente attività umana che provvede ad immettere negli oceani quantità rilevanti di greggio e dei suoi sottoprodotti di scarto attraverso le perforazioni petrolifere e il trasporto dell’oro nero su scala globale. Non si conoscono dati precisi in merito alle reali quantità di greggio che ogni hanno vengono rilasciate nelle acque degli oceani anche perché la contaminazione cronica non si può separare da quella accidentale. Questo tipo di inquinamento non è il solo a minacciare l’esistenza delle numerose specie appartenenti all’avifauna marina, infatti la plastica  è un altro materiale di rifiuto che può nuocere alla vita dei volatili. Ad esempio gli albatros della specie Diomedea immutabilis ingeriscono spesso buste di polietilene, tappi di bottiglie di plastica e piccoli giocattoli che finiscono col causarne inevitabilmente la morte. Pensiamoci, quando saremo colti dall’impulso impellente di buttare in mare il primo oggetto di plastica che ci ritroviamo tra le mani …

Chiara Scamardella.

Fonti articolo:               

www.waddensea-secretariat.org/…/05.3-oil-polluti..

www.ifaw.org/…/Chronic%20oil%20pollution%20

www.int-res.com/articles/meps/37/m037p295.pdf