Dall’oceano all’acquario

Secondo un rapporto dell’UNEP (From Ocean to Aquarium: the global trade in marine ornamental species, 2003) nel mondo da 1,5 a 2 milioni di persone posseggono un acquario marino e di questi 600.000 risiedono negli Stati Uniti. Il commercio che rifornisce questo hobby è un’industria globale milionaria, con introiti stimati tra 200 e 330 milioni di dollari, e operante nelle zone tropicali. Diversamente dalle specie di acqua dolce, che per il 90% sono ormai di allevamento, la maggior parte delle specie marine (coralli, altri invertebrati e pesci) sono prelevate in natura principalmente dal sud-est dell’Asia e dalle isole degli oceani Indiano e Pacifico per essere trasportate fino ai principali mercati di America, Europa e Giappone.

Non c’è dubbio che le specie d’acquario siano i prodotti di maggior valore che possano essere prelevati dalle barriere coralline. I sostenitori di questa pratica ritengono che se condotto in maniera sostenibile questo commercio può fornire numerosi posti di lavoro all’interno di comunità costiere povere e prevalentemente rurali. Ad ogni modo, le tecniche dannose spesso usate per il prelievo degli animali, la raccolta eccessiva di alcune specie e gli alti livelli di mortalità associati a inadeguate tecniche di manipolazione e trasporto continuano a mettere a dura prova gli obiettivi di sostenibilità. I prelievi purtroppo sono quasi sempre effettuati senza alcun criterio gestionale, per esempio viene utilizzato il cianuro di sodio, che uccide tutti gli esseri viventi nel raggio di molti metri dal punto di immissione, oppure vengono utilizzati esplosivi (l’onda d’urto danneggia irrimediabilmente tutti i pesci con vescica natatoria, anche nel raggio di centinaia di metri), trappole, sistemi long-line (strumento costituito da lunghi fili pieni di ami), martelli pneumatici per stanare i pesci che si rifugiano negli anfratti. Spesso vengono distrutte gorgonie e coralli per catturare un solo pesce, e non sono rari conflitti tra operatori turistici e pescatori locali che distruggono ciò che i visitatori vorrebbero osservare. Infine la mancata conoscenza sul mantenimento post cattura è responsabile di una mortalità altissima tra i pesci.

Analizzando brevemente alcuni dati di mercato, il valore di 1 kg di pesci di barriera corallina destinati all’alimentazione, nel 2000, era solamente di 6 dollari, mentre lo stesso quantitativo destinato al mercato dell’acquariofilia raggiungeva quotazioni di 500 dollari. Alla stesso modo i coralli destinati alla produzione di gioielli venivano valutati  60 dollari/tonnellata contro  i 7000 dollari/tonnellata dei coralli vivi per gli acquari. A Palau le rocce vive venivano quotate da 2,2 a 4,4 dollari/kg mentre come materiali edili solamente 0,02 dollari/kg.

Tra 9 e 10 milioni di animali, per un totale di 2393 specie di pesci, coralli e invertebrati sono prelevati ogni anno in natura e venduti per gli acquari. La moda di tenere in casa un acquario per riprodurre un pezzo di barriera nasce negli anni ’30 nello Sri Lanka, ma attorno agli anni ’50 si espande nelle Filippine e nelle isole Hawaii. Tra il 1997 e il 2002 i principali paesi importatori erano in ordine: USA, Gran Bretagna, Olanda, Francia, Germania, Taiwan, Giappone e Hong Kong, mentre i paesi esportatori erano Filippine, Indonesia, Isole Solomon, Sri Lanka, Australia, Isole Figi, Maldive e Palau. Da allora la situazione non è molto cambiata, anche se è ulteriormente peggiorato lo stato di salute di numerose barriere coralline, ospitanti oltre 4000 specie di pesci e 800 specie di coralli, in paesi in via di sviluppo su cui gravano problemi quali l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la pesca, il turismo e da ultimo, ma non meno importante, il commercio di specie ornamentali.

Pesci:

Un totale di 1471 specie di pesci sono commercializzati in tutto il mondo. Le castagnole (Pomacentridae) costituiscono quasi la metà del commercio, assieme ai pesci angelo (Pomacanthidae), chirurgo  (Acanthuridae), labridi (Labridae), ghiozzi (Gobiidae) e pesci farfalla (Chaetodontidae) che rappresentano circa un altro 25-30%. Le specie maggiormente esportate sono le castagnole blu-verdi (Chromis viridis), il pesce pagliaccio (Amphiprion ocellaris), la damigella juventina (Dascyllus aruanus), la damigella azzurra (Chrysiptera cyanea) e la damigella a tre punti (Dascyllus trimaculatus). Le dieci specie più commercializzate rappresentano circa il 36 per cento di tutti i pesci esportati dal 1997 al 2002. Purtroppo sono esportate anche due specie note per non acclimatarsi bene in acquario, come il pesce pulitore comune (Labroides dimidiatus, 87.000 importazioni dal 1997 al 2002) e il pesce mandarino (Synchiropus splendidus: 11.000 individui vivi esportati) e altre tre specie classificate come ‘assolutamente inadatte’ alla vita in acquario, soprattutto a causa della loro ristrette esigenze alimentari, come il pesce farfalla quattrocchi (Chaetodon capistratus), il pesce lima (Longisrostris oxymonacanthus) e il pulitore hawaiano (Phtirophagus labroides).

Coralli

Un totale di 140 specie di coralli, quasi tutti sclerattinie, sono commercializzati in tutto il mondo, per un totale di 11-12 milioni di pezzi. Sei generi sono annoverati tra i più popolari: Trachyphyllia, Euphyllia, Goniopora, Acropora, Plerogyra, Catalaphyllia, costituenti il 56% dei coralli vivi commercializzati tra il 1988 e il 2002. 61 specie di coralli molli per un totale di 390.000 pezzi annui sono esportati. Sarcophyton spp. e Dendronepthya spp. sono due delle specie di maggiore interesse. La maggior parte dei coralli prelevati in natura muore spesso entro un paio di settimane.

Invertebrati

Più di 500 specie di invertebrati (esclusi i coralli) sono commercializzati come specie ornamentali, recenti stime parlano di 9-10 milioni di animali, per lo più molluschi, gamberi e anemoni. Due generi di gamberetti pulitori, Lysmata spp. e Stenopus spp., e un genere di anemoni, Heteractis spp. rappresentano circa il 15% di tutti gli invertebrati esportati.

Mortalità

Il tasso di mortalità durante il trasporto è variabile, ma può raggiungere il 100%. I poveri pesci vengono insacchettati in buste di plastica piccolissime, contenenti anche decine di esemplari, con poca acqua e pochissimo ossigeno. Per non parlare dei valori di ammoniaca che salgono alle stelle, provocando spesso la morte di tutti gli esemplari.

Come comportarsi?

L’Europa e gli Stati Uniti potrebbero attuare diverse misure per impedire l’importazione di specie marine di cattura, come l’estensione dei divieti alle specie non a rischio, perchè anche la loro cattura comporta ingenti danni agli ecosistemi, e l’incentivo all’acquisto di specie riprodotte in cattività.
Si auspica inoltre una revisione delle carenti norme per la tutela di specie ed habitat nei paesi di provenienza, dove spesso la protezione si è dimostrata inefficace. Molto utile sarebbe l’istituzione di grandi aree marine protette (AMP), finalizzate oltre che alla protezione, all’acquisizione di dati scientifici relativi alla biologia e alle dinamiche delle popolazioni naturali. Non per l’ultimo si potrebbe adottare introdurre un sistema di certificazione relativo alle metodologie di cattura e alla sua sostenibilità.
Fino ad ora non esistono studi sugli effetti dei prelievi delle specie da acquario, con l’eccezione di alcune valutazioni nate sulla scia delle preoccupazioni palesatesi tra i tour operator delle Isole Hawaii sin dagli anni ’70. Lo studio, pubblicato sulla rivista Conservation Biology dimostrò che la riduzione di alcune popolazioni di pesci era rilevante, dal 38% del Chaetodon multicintus, al 75% del Chaetodon quadrimaculatus.

Attualmente sono stati messi a punto alcuni protocolli per l’allevamento e la riproduzione di specie marine, sia nei paesi occidentali che nei paesi di origine, che necessitano però di ulteriori studi per la loro applicazione.

Fonte: From Ocean to Aquarium: the global trade in marine ornamental species, 2003, UNEP.

Antonio Giacoletti.

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