Alla scoperta dei cavallucci marini

I cavallucci marini hanno un aspetto unico nel loro genere ed i meno esperti faticherebbero a credere che in realtà sono dei pesci. Questi originalissimi organismi marini che fanno parte dei teleostei appartengono alla famiglia dei Signatidi, ne esistono più di trentatré specie e vivono in mare prevalentemente vicino alle coste. Occupano le zone indo pacifiche del Giappone e dell’Australia, ma si ritrovano anche in Africa, Europa e Sudamerica. Il loro corpo è fortemente compresso, gibboso sul lato ventrale, ricoperto da anelli ossei dotati di spine e filamenti. Si cibano di plancton e piccoli crostacei che aspirano con il lungo muso privo di denti. Nuotano lentamente sospinti dalla pinna dorsale, sono provvisti di una lunga coda prensile con la quale si aggrappano alla vegetazione marina o ai coralli, per evitare di essere trascinati via dalla corrente. La riproduzione di queste creature marine riserva sorprese: la femmina depone le uova nel marsupio del maschio, che provvede a fecondarle e le custodisce all’interno del suo ventre fino al parto, che può avvenire dai nove ai trenta giorni dopo. La maggior parte delle specie può dare alla luce dai cento ai trecento cavallucci marini alla volta, ma in alcuni casi questo numero può lievitare fino a duemila.

Sfortunatamente questi abitanti del mare sono particolarmente richiesti a livello commerciale, sia per realizzare caratteristici monili, che per la preparazione di medicamenti per vari disturbi, come nella medicina cinese. La protezione di questi organismi viene quindi effettuata su due fronti. Da un lato si cerca di tutelare l’habitat naturale in cui vivono e dall’altro si limita la loro richiesta per scopi commerciali. Molte specie di cavallucci marini sono incluse nello IUCN, la lista rossa per la conservazione mondiale delle specie minacciate. A complicare il quadro della sopravvivenza di questi organismi ci sono altri due fattori importanti: il riscaldamento climatico globale e l’acidificazione degli oceani. Un recente studio condotto da alcuni ricercatori portoghesi (Faleiro et al.) ha avuto per oggetto il comportamento di una specie particolare di cavalluccio marino, l’Hippocampus guttulatus. Individui adulti di questa specie hanno dimostrato una buona tolleranza   ad   un   aumento   della   temperatura   oceanica   di   40°C,   ma   l’azione   combinata dell’abbassamento del pH dell’acqua marina di 0,5 unità e del riscaldamento climatico ha messo a dura prova l’efficacia dell’adattamento fisiologico della specie esaminata. L’acidificazione del mezzo acquatico induce una fase di letargo con riduzione di attività come la ricerca di cibo e la respirazione. Si auspica un potenziamento delle strategie già messe in atto per la protezione di questi originali organismi, perché tutelando loro si contribuisce alla conservazione della biodiversità del nostro meraviglioso pianeta.

Fonti:

  • Studio ecologico di Faleiro et al. 2015
  • Articolo di WWF Svizzera, 2014

Chiara Scamardella